Il Music of the Spheres Tour dei Coldplay, dopo Napoli, è arrivato a Milano per travolgere il pubblico con un concerto spettacolare che coinvolge tutti i sensi regalando gioia e una dose di ottimismo, sentimenti preziosi e a volte, purtroppo, molto rari.
Da tempo il gruppo viene accusato di aver compiuto un cambiamento stilistico troppo commerciale e “buonista”, ma risulta davvero difficile non apprezzare il modo in cui negli ultimi anni i Coldplay abbiano cercato di gettare le basi per un approccio più sostenibile da applicare agli eventi dal vivo e maggiormente impegnato a livello sociale. Dagli incentivi a usare mezzi di trasporto dal basso impatto ambientale allo spazio dato negli spazi esterni alle organizzazioni da loro approvate, dalle iniziative divertenti per ottenere energia utile ad alimentare lo show ai messaggi chiari lanciati dalla band sul palco, un concerto dei Coldplay è un invito a divertirsi, apprezzare l’arte e al tempo stesso a diventare cittadini più consapevoli e impegnati a promuovere cambiamenti positivi.
I quattro atti che compongono la serata permettono di compiere un percorso attraverso i lati positivi e negativi dell’esistenza in cui l’importanza data all’amore per se stessi e agli altri prende forma attraverso un’esplosione di colori e di energia. I bracciali luminosi, ormai un vero e proprio marchio di fabbrica del gruppo, contribuiscono a creare un’atmosfera davvero unica all’interno dello stadio e Chris Martin, Jonny Buckland, Will Champion e Guy Berryman riescono a coinvolgere le decine di migliaia di persone che saltano, cantano e si emozionano brano dopo brano.
Con un concerto introdotto dall’indimenticabile tema musicale di E.T. composto da John Williams e l’intero concetto alla base di Music of the Spheres, non sorprendono i continui riferimenti a un’idea universale della vita in cui “tutti siamo alieni da qualche parte” ed è l’amore a darci forza e farci andare avanti.
In un susseguirsi di passato e presente della band, Paradise si conferma come uno dei brani più coinvolgenti, The Scientist rimane una perla preziosa del panorama musicale degli ultimi decenni, Viva la Vida resta uno dei grandi classici della musica internazionale, Yellow non smette di commuovere e People of the Pride, che i fan già conoscevano come The Man Who Swears He’s God grazie a un demo emerso anni fa, rappresenta una parentesi rock che, pur ricordando fin troppo le sonorità che contraddistinguono i Muse, infiamma il pubblico e ribadisce in modo inequivocabile l’importanza centrale di tematiche come il diritto a essere se stessi e amare.
Dopo i pianeti, le lune e le stelle, il quarto atto del concerto, Casa, è quello più intimo ed emozionante che si apre con la performance di Davide Rossi sulle note di Sunrise e, come nel caso della seconda serata a Milano, spesso offre graditissime sorprese che celebrano la musica locale. Il blocco composto da Shiver, Don’t Panic, Zucchero che canta Diamante con i Coldplay, la breve interpretazione di O mia bela Madunina e Sugar Fornaciari che ha avuto lo spazio per intonare Hey Man, portano a un finale sulle note di Humankind, Fix You che nella cornice dello stadio illuminato dalle migliaia di luci non può che suscitare brividi e lacrime, e Biutyful che, pur non concludendo con una delle canzoni di maggior impatto, lascia negli occhi e nella mente una sensazione di leggerezza che pare quasi rendere davvero possibile seguire l’invito a “Credere nell’amore” con cui si conclude il concerto e che sembra alimentare realmente le scelte prese dalla band che, nonostante le tante critiche online, ha sempre messo in pratica e dimostrato con i fatti il proprio impegno.