Alle volte un film va oltre la sua natura di opera d’arte e diventa un atto necessario dal punto di vista sociale, la cui visione dovrebbe essere incentivata persino nelle scuole. Women Talking – Il Diritto di Scegliere è uno di questi. L’adattamento del romanzo di Miriam Toews firmato da Sarah Polley è un atto di accusa tanto duro quanto poetico, in grado di offrire spunti di riflessione senza tempo sulla violenza, psicologica e fisica, e sulle sue conseguenze.
La trama di Women Talking
La storia, ispirata a eventi realmente accaduti in una comunità mennonita, racconta con sensibilità e profondità rare l’orrore subito dalle donne, e bambine, di una colonia. Nonostante l’esistenza nella comunità sia priva di riferimenti temporali, lo spettatore è informato del fatto che gli eventi si svolgono nel 2010, ma sono tutte le generazioni ad aver subito attacchi durante la notte, dopo essere state addormentate con un sedativo abitualmente usato per le mucche. Al risveglio non si può che fare i conti con le ferite, il sangue, il trauma, la rabbia… Quando viene superato un confine che dovrebbe essere invalicabile le donne si rendono conto che non si può più accettare passivamente e bisogna reagire.
Le donne, che non hanno mai potuto avere un’educazione e a cui è stato detto che andandosene perderanno la possibilità di andare in Paradiso, hanno quindi tre scelte: restare e non fare nulla, rimanere e combattere, o andarsene.
Salome (Claire Foy) è, dopo aver visto da vicino l’orrore più indicibile, pronta a restare e uccidere. Ona (Rooney Mara), incinta dopo la violenza, pensa di poter restare e lottare per avere la possibilità di creare nuove regole e ottenere l’uguaglianza. Mariche (Jessie Buckley), nonostante la convivenza con un marito violento, pensa invece che l’unica opzione sia perdonare.
Prima che gli uomini arrestati siano liberati su cauzione, le donne provano a raggiungere la decisione con una votazione che, non avendo un risultato definitivo, porta a un dibattito a cui assiste, con il tempo di documentare la conversazione, August (Ben Whishaw), un giovane che era stato allontanato dalla comunità con la madre ed è poi tornato, per insegnare ai bambini, essendo inoltre innamorato da sempre di Ona.
Ritratti femminili che emozionano
Sarah Polley si è affidata alla fotografia di Luc Montpellier e alla colonna sonora firmata da Hildur Guðnadóttir per creare visivamente ed emotivamente un’atmosfera di grande impatto, che sottolinea ogni sfumatura della sofferenza, della resilienza e della forza delle donne al centro del racconto.
La regista non cerca mai delle scorciatoie per raggiungere l’animo degli spettatori e lascia che l’evolversi del dibattito avvenga con la giusta dose di pause, rivelazioni, parentesi metaforiche, riflessioni filosofiche e religiose e persino momenti di divertimento.
In scena si susseguono brevi ritratti di donne interpretate con grande bravura dall’intero cast. Claire Foy è ancora una volta da applausi nel trovare l’equilibrio tra dolcezza e rabbia, nell’alternare scene in cui non può permettersi di lasciare spazio al proprio dolore per riuscire a concentrarsi sul bene dei propri figli ai momenti in cui la sua forza diventa incontenibile. Rooney Mara è invece una presenza quasi angelica nel suo tentare di aggrapparsi alla speranza e a un amore che non ha mai realmente conosciuto, pur essendo in grado di darlo agli altri.
Accanto a queste tre figure polarizzanti ci sono le donne di varie generazioni che fanno i conti quotidianamente, e in vari modi, il segno di un patriarcato tossico.
Sarah Polley, nonostante non tutti i passaggi della narrazione si leghino uno con l’altro senza intoppi, riesce a mantenere un buon equilibrio tra tutti gli elementi che animano la riflessione, usando in modo intelligente l’unica presenza maschile, il sensibile August affidato a Ben Whishaw, per cercare di capire quale sia la giusta soluzione a crimini che superano la violenza fisica e a identificare la causa di comportamenti ingiustificabili.
Uno dei migliori film dell’anno
La regista si concentra sui volti, sui piccoli gesti, sul contrasto terribile tra chi sta dialogando in uno spazio ristretto e quasi claustrofobico per provare a porre fine a una catena di sofferenza e l’innocenza dei bambini che giocano all’aperto, rincorrendo solo ciò che li rende felici, apparentemente inconsapevoli che l’orrore è dietro l’angolo. Il risultato è un’opera dura, straziante e fondamentale, che spinge a riflettere sulla natura umana e sulla possibilità che ci sia ancora spazio per la speranza, nel futuro e nella bontà umana.
Women Talking avrebbe meritato più attenzione nella corsa agli Oscar 2023, ma la mancanza di statuette ambite non pregiudica l’ottimo lavoro compiuto da Sarah Polley e dal suo cast, in grado di colpire dritto al cuore e lasciare il segno.