Arriva dalla Finlandia la serie Man in Room 301 che si inserisce, purtroppo senza molta originalità, nel filone delle serie drammatiche britanniche che, attraverso un evento drammatico, affrontano i temi della giustizia e delle reazioni emotive agli errori compiuti e alle scelte prese nella propria vita.
Il racconto prende il via nell’estate 2007 quando la famiglia Kurtti stra trascorrendo le proprie vacanze in mezzo alla natura. Il piccolo Tommi, che ha solo 2 anni, viene però ucciso da un colpo di arma da fuoco e il dodicenne Elias, che vive vicino ai protagonisti, viene accusato della sua morte. Dodici anni dopo, nell’estate 2019, i Kurtti pensano di rivedere Elias in Grecia, nella stanza 301 della struttura alberghiera dove alloggiano. La tensione aumenta quindi in modo esponenziale, facendo emergere traumi e rabbia repressa troppo a lungo.
La serie Man in Room 301, creata dall’attrice Kate Ashfield e diretta da Mikko Kuparinen, fatica nelle prime due puntate a costruire una struttura narrativa in grado di sostenere gli aspetti emotivi del racconto: i personaggi sono delineati troppo a grandi linee e i salti temporali tra passato e presente rendono complicato, dopo sole 2 puntate, capire le motivazioni dei protagonisti o le reazioni al dramma avvenuto.
La frammentazione del racconto non aiuta a lasciarsi coinvolgere e, nonostante la serie si basi su uno spunto interessante, il confronto con show di genere analogo, in particolare prodotti nel Regno Unito, non aiuta ad apprezzare il lavoro compiuto dal cast e dalla troupe.
Gli attori offrono una buona interpretazione, tuttavia il mistero al centro dello show non intriga abbastanza da suscitare interesse per i numerosi tasselli della storia e i tanti personaggi secondari. Nel corso della prima stagione, quasi sicuramente, ci sarà lo spazio necessario ad aggiungere sfumature e dettagli utili a rendere l’approfondimento psicologico più convincente e rilevante, tuttavia l’esordio, purtroppo, non è all’altezza delle aspettative.