Ron Howard continua la sua attività nel campo dei documentari con Rebuilding Paradise, presentato alla 23. edizione di CinemAmbiente.
Il progetto prodotto da National Geographic racconta la devastazione avvenuta nel 2018 a Camp Fire a causa dell’incendio che ha causato il maggior numero di vittime nella storia della California e, soprattutto, il tentativo di una comunità di reagire e rialzarsi nonostante il trauma, i problemi economici, la burocrazia e le conseguenze ambientali.
La prima parte di Rebuilding Paradise segue in maniera realistica e incredibilmente drammatica le prime fasi della tragedia tramite registrazioni dei messaggi radio che informano dello scoppio di un incendio a Camp Creek Road, le conversazioni con il pronto intervento e terrificanti video che immortalano la forza distruttiva delle fiamme, l’angoscia di chi cerca di evacuare e si ritrova circondato dal fuoco e alle prese con il terrore che i pneumatici della propria macchina esplodano o l’asfalto della strada si fonda, il senso di smarrimento e confusione che colpisce chi si ritrova improvvisamente catapultato in una situazione che sembra irreale e i sensi di colpa di chi non può inviare soccorsi a tutte le persone in difficoltà. Sullo schermo scorrono così immagini che abitualmente si associano ai disaster movie hollywoodiani con l’angosciante consapevolezza che, purtroppo, non è una ricostruzione spettacolarizzata ma la straziante realtà che ha causato la morte di 85 persone. Nel momento in cui una famiglia in fuga riesce finalmente a superare l’area pericolosa e a rivedere il cielo oltre la coltre spessa e nera di fumo non si può quindi che provare il loro stesso sollievo, consapevoli che non tutte le storie hanno avuto lo stesso lieto fine.
Il documentario di Ron Howard concentra poi la propria attenzione su quanto accaduto dopo l’emergenza, enfatizzando quanto sia difficile emotivamente e a livello pratico rialzarsi dopo una tragedia di questa portata. La frustrazione dei cittadini di Paradise inizia infatti a farsi strada nella comunità fin da quando le fiamme non sono ancora del tutto spente a causa dell’arrivo del presidente Donald Trump che in diretta televisiva non si ricorda nemmeno il nome dell’area, chiamandola Pleasure davanti all’impietoso sguardo delle telecamere e dei presenti.
Il regista compie la scelta di focalizzarsi sul lato umano del disastro ambientale raccontando alcune delle storie degli abitanti: dal giovane poliziotto, che rivela la sua inaspettata gioia quando è andato alla ricerca del cadavere di una persona che credeva morta potendo invece abbracciarla sana e salva, all’ex sindaco Woody Culleton che ha trovato a Paradise la possibilità di iniziare un nuovo capitolo della sua vita dopo un passato da alcolizzato, senza dimenticare due giovani genitori che non vogliono lasciare la comunità dove volevano costruire un futuro per la propria famiglia o la dirigente scolastica, con un marito che soffre di stress post traumatico fin dalla sua esperienza militare, determinata a offrire ai propri studenti la possibilità di proseguire gli studi e celebrare le proprie vittorie personali nonostante non si possa nemmeno usare il campo da football per la cerimonia dei diplomi. Nel documentario c’è poi spazio per la giovane psicologa che fa i conti con i traumi degli altri e i propri tra mille difficoltà, i giovani che hanno rischiato di morire mentre cercavano di evacuare la propria casa salvando le foto e altri ricordi di famiglia, figlie che non riescono a darsi pace per la tragica morte del padre e genitori preoccupati per il futuro. Rebuilding Paradise si sostiene proprio con questi piccoli ritratti della società americana e la celebrazione della capacità di essere pazienti, resilienti e tenaci di fronte alle avversità, nonostante ci si trovi tutti alle prese con qualcosa di quasi impossibile da elaborare razionalmente. Le fiamme non sono però l’unico ostacolo da superare per ricostruire il proprio “paradiso”: gli abitanti scoprono che la causa della tragedia è legata a un malfunzionamento della rete elettrica gestita dalla PG&E e in che modo i cambiamenti climatici e la gestione del territorio abbiano contribuito a peggiorare il dramma. Chi vuole ricostruire si scontra inoltre con la burocrazia che rallenta ogni fase del lavoro sulle case e sulle strutture e deve persino tenere conto delle conseguenze dell’incendio sulle risorse idriche che hanno reso tossica l’acqua.
Ron Howard accenna a tutti questi elementi senza in realtà approfondirli in modo adeguato, pur immortalando l’incontro dell’azienda che deve chiedere scusa durante un incontro pubblico alla comunità o accennando alla class action lanciata per ottenere un risarcimento economico.
Il regista, come suggerisce il titolo del documentario, cerca invece di riportare in primo piano la forza interiore degli esseri umani concentrandosi sul desiderio di ricostruire, nonostante tutte le difficoltà, la propria vita dopo la distruzione e il dolore. Alternando le piccole vittorie, come la tanto agognata cerimonia dei diplomi, a sconfitte che lasciano il segno, tra cui una morte inaspettata o separazioni dolorose, il documentario va alla costante ricerca dei piccoli indizi che dimostrano come sia possibile non perdere mai la speranza e lottare per un futuro migliore. Rebuilding Paradise ha il merito di non cercare mai di offrire risposte impossibili da dare in modo esaustivo e obiettivo, scegliendo di osservare dall’esterno le reazioni, molto diverse tra loro, dei sopravvissuti e mostrando come ognuno trovi il proprio modo per reagire alla perdita.
Ron Howard, abilmente, sembra quasi affidare ai giovani il compito di individuare una strada diversa da percorrere in futuro svelando sugli schermi come da un’esperienza così negativa si possano trarre degli insegnamenti importanti che contribuiscono a far avvicinare le persone per trovare la forza di affrontare ogni avversità insieme. Al termine della visione, coinvolgente seppur non del tutto soddisfacente, resta comunque la curiosità di scoprire come i protagonisti di Rebuilding Paradise stanno affrontando la pandemia per capire se l’empatia e la solidarietà sono riuscite a sopravvivere anche a un altro duro colpo per una comunità recentemente già messa in ginocchio.