Farnoosh Samadi fa il suo esordio alla regia con 180° Rule, presentato al Toronto Film Festival 2020, un progetto che unisce al dramma personale di una coppia il ritratto di una società, quella iraniana, che rende ancora complicato per le donne vivere liberamente senza dover fare i conti con le imposizioni degli uomini.
Al centro della trama c’è Sara, un’intensa Sahar Dolatshahi, che ha un rapporto complicato con il suo marito Hamed (Pejman Jamshidi), avendo forse solo in comune il loro amore per la figlia Raha. Sara vorrebbe andare a un matrimonio in famiglia, ma il marito si oppone all’idea che compia un lungo viaggio in macchina, anche perché la piccola ha da poco superato una brutta influenza. Quando Hamed parte per un viaggio di lavoro, Sara decide di partire lo stesso portando Raha, mentendogli. Quando accade una tragedia la rete di menzogne diventerà ancora più complessa e dalle conseguenze devastanti.
Nonostante una sceneggiatura che non dà lo spazio adeguato ad alcuni passaggi della narrazione, in particolare per quanto riguarda l’epilogo, 180° Rule sfrutta nel migliore dei modi l’interpretazione di Dolatshahi che sa sottolineare ogni emozione in modo convincente e realistico. L’attrice riesce a costruire un personaggio complesso e che prende delle decisioni anche discutibili, riuscendo comunque a non perdere l’empatia degli spettatori che riescono a comprendere la sofferenza e gli effetti del trauma.
Il personaggio di Hamed è invece, purtroppo, delineato maggiormente a grandi linee e senza particolari sfumature.
Samadi, prova con la sua regia, a non prendere una posizione nei confronti degli eventi e delle reazioni dei personaggi, anche se in certi momenti è evidente la critica alla considerazione data alle donne in Iran e al modo in cui viene trattata Sara. La regista dimostra comunque molta bravura nel costruire un racconto che equilibra l’elemento sociale con un dramma molto personale che permette di portare sul grande schermo la rappresentazione di un’elaborazione del lutto legata alle conseguenze e alle pressioni subite da una donna in continua lotta con il mondo che la circonda.